domenica 29 gennaio 2017

Le ragazze

"Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore". Parafrasando De Gregori ci si potrebbero domandare tante cose sul primo romanzo di Emma Cline, giovane collaboratrice del New Yorker: è possibile giudicare un libro dalla cifra milionaria spesa per l'acquisto dei diritti di pubblicazione (5 milioni scuciti dalla Penguin Random House)? Può il valore letterario corrispondere a una somma in denaro? Proviamo a scoprire qualcosa di più sul libro ritenuto da molti "rivelazione dell' anno". 

Cline ci porta nella vita di Evie Boyd, una donna segnata da esperienza terribili, che, dopo aver esaurito l'eredità lasciatale in dote dalla nonna attrice, si arrabatta come badante a domicilio, occupandosi "degli interstizi delle vite altrui". L'inizio della narrazione ci fa conoscere una persona mediocre, amareggiata dalla vita, timorosa e profondamente impaurita; gravata dal peso di qualcosa che da anni, come un'ombra silenziosa, la segue e la tormenta. Evie fugge dal mondo, lo evita perché ne teme gli sguardi ma soprattutto il giudizio; è un'anima in pena che, quando meno se lo aspetta, si trova costretta a fare i conti con un passato di gelosia, morbosità, sesso, droga e morteUn bozzolo composto da strati di nostalgia per un passato sottrattole dalla tragedia, per il rimorso di decisioni sbagliate ma insanabili e per la vergognaÈ dopo l'incontro con il figlio di Dan, con il quale ha intrattenuto per breve tempo un rapporto amoroso, che si consuma la cesura narrativa; l'attimo di scarto che strappa il lettore dall'oggi gettandolo nel passato, in una remota estate vischiosa e appiccicaticcia. Precisamente nell'America del 1969, l'America della corsa allo spazio e della guerra del Vietnam ma soprattutto l'America di Charles Manson, il mandante di una serie di omicidi efferati, brutali e orrorifici. Meglio noto come l'uomo con la svastica tatuata sulla fronte, mosso da una sete di vendetta schizofrenica e paranoica scatenata dal rifiuto da parte del mondo discografico di pubblicare la sua musica.  

La vita di una persona può cambiare con incredibile rapidità; è sufficiente uno sguardo, un tocco, una caduta, una carezza. Altre volte però le trasformazioni sono lente, costanti e soprattutto inarrestabili; quando ci sei dentro non hai modo di uscire dalle sabbie mobili in cui sei invischiato. È questo che succede a Evie, quattordicenne classica ragazza di provincia con i genitori separati e la migliore amica della via accanto; attratta dai ragazzi e bramosa di farsi notare, di esserci, di apparire ed essere riconosciuta anche solo con un cenno o un "ciao". La sua vita scorre in una placida solitudine e apatia che né le scarse attenzioni della madre  la complicità di Connie, l'amica, riescono  in qualche modo a lenire e dentro di sé Evie scava un buco nero di malinconia e voglia di rivalsa che non trovano sfogo. Almeno finchè, durante una banale visita al parco, seduta su una panchina, scorge da lontano un gruppo di ragazze intente a rovistare tra la spazzatura in cerca di cibo. Evie le osserva magnetizzata, come fosse in un'altra dimensione e prova un forte impulso di appartenenza e vicinanza a quel bizzarro gruppo che poco dopo si dilegua. 

Nel frattempo le pubbliche relazioni di Evie naufragano: con la madre, alla ricerca di un compagno dopo la recente separazione, entra in conflitto e con Connie rompe definitivamente dopo che alcune avvisaglie avevano già fatto presagire tale epilogo. La solitudine e l'inconsistenza della sua vita si fanno palpabili e dopo un litigio con la madre inforca la bicicletta pedalando verso nessun posto come un'indiavolata. È in questo frangente che la sua vita cambierà per sempre; l'incontro con le ragazze del parco e in particolare con Suzanne simboleggiano il punto di non ritorno, la discesa verso l'inferno. Il problema è che Evie ancora non lo sa. Grata anche solo per la minima attenzione ricevuta, Evie sale sul pulmino con Suzanne e le altre ragazze e si lascia condurre al ranch dove è in programma la festa del solstizio. Il viaggio sullo sgangherato mezzo dai sedili squarciati si rivela un'epifania esistenziale in cui i rapporti tra le ragazze, il loro modo di atteggiarsi e fare a pugni col mondo rappresentano una forza magnetica attrattiva; un vortice di vitalità e spregiudicatezza a cui non è possibile sottrarsi. Evie è ammaliata dalla spavalderia, dalla strafottenza, dalla stupidità e dalla pretesa e convinzione, che nessun adolescente può scrollarsi di dosso, di avere il mondo in palmo di mano. Agli occhi della giovanissima protagonista, usurata dai noiosi e conformistici ritmi del vivere cittadino e civile, tutto ciò appare come l'Eldorado e un rimprovero alla sua solitudine. Le ragazze dispiegano il proprio "essere adolescenti", condizione in cui la sola presenza riempie il mondo e la vita. Un universo parallelo che esiste ora e mai, adesso e per sempre, una dimensione senza futuro né tanto meno passato che solo chi ha tutta la vita ancora davanti ha il lusso di concedersi. 
Il viaggio in pullman si conclude al ranch che si rivela essere una sottospecie di comune dedita al sesso di gruppo e soprattutto al consumo di qualsiasi tipo di droghe. La guida di questa antisocietà è Russell, alter ego letterario di Charles Manson, che gode di un ascendente al limite del divino su tutte le ragazze che popolano il ranch e questa fascino non risparmia nemmeno Evie. Russell illustra gonfiando il petto la portata dell'esperimento sociale che stanno conducendo addomesticando l'influenzabile mente della protagonista: 

La società era zeppa di gente inquadrata, ci diceva Russell, gente paralizzata nelle grinfie degli interessi del capitale, persone docili come scimpanzé da laboratorio dopati.

Il ranch rappresenta un microcosmo di liberazione e di emancipazione da qualsiasi autorità, che sia essa genitoriale, politica, sociale ed economica. È il rifiuto di un mondo costrittivo, ostile e coatto dove vige la legge della proprietà privata, del possesso e dell'egoismo. A ciò il ranch oppone una collettività e uno spirito di condivisione, coerenti con quelli che effettivamente sono stati i movimenti di quegli anni, che alla lunga, però, si rivelano effimeri, falsi e frammentari. Quello che inizialmente appare agli occhi e alle percezioni di Evie come un sogno, un "mondo senza finesi trasforma con l'andare del tempo in un garbuglio di delusioni, esperienze drammatiche, inganni e frustrazioni. Suzanne, la ragazza mora ed enigmatica, colei che le ha permesso di godere di qualunque minima esperienza, anche la più comune e banale; colei che l'ha strappata dalla mediocrità e dall'abulia della sua esistenza, la tradisce, la abbandona come farebbe un padrone stanco del proprio cane. È la fine di un'alternativa di vita che trova compimento finale nella propria violenta autodistruzione macchiata di sangue innocente. 

Emma Cline possiede una capacità riscontrabile in pochi autori di combinare le parole e le espressioni dando loro la forma di mosaici colorati. Grazie ad una prosa curata all'eccesso, in cui ogni parola pesa, il lettore riesce a entrare in empatia con la protagonista e aggirarsi con piacere nella sua mente, nei suoi timori esistenziali e nei suoi freni adolescenziali, fino ad arrivare a conoscerla come fosse un'amica, penetrando nel suo bozzolo. Capita tuttavia che Cline, sicuramente conscia della propria abilità, si compiaccia della propria scrittura e scivoli inavvertitamente sulla buccia di banana dell'incomprensibilità. Alcune composizioni retoriche e affiancamenti arditi sfiorano un ermetismo letterario che potrebbe essere frutto sia dello specchiarsi in se stessa come anche dei limiti linguistici della traduzione. In ogni caso, complimenti miss Emma. 

Le ragazze
Emma Cline
Einaudi, pp. 334, 2016
18,00

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venerdì 20 gennaio 2017

Una serie di sfortunati eventi

"C'è un tipo di situazione che si verifica troppo spesso nella storia degli orfani Baudelaire chiamata drammatica ironia; in parole povere la drammatica ironia è quando una persona fa un'osservazione e un'altra che l'ascolta sa qualcosa che dà all'osservazione un significato diverso; di solito sgradevole. Ah, per esempio, se dicessi non vedo l'ora di mangiare questo biscotto ma ci fossero persone che sanno che il biscotto  è avvelenato, questa sarebbe drammatica ironia. Per questa ragione quando sentiamo lo zio Monty dire ai bambini -Ve lo prometto, non vi accadrà niente di male nella Stanza delle Serpi- dobbiamo stare in guardia per lo spiacevole arrivo della drammatica ironia" - Lemony Snicket

Dopo mesi di febbrile attesa sbarca su Netflix una delle serie televisive più attese dell'anno. Le migliaia di fan sparsi per il mondo possono finalmente riabbracciare, dopo più di dieci anni, i tre orfanelli Baudelaire, il meschino conte Olaf e quel baraccone circense di personaggi che accompagnano l'intera vicenda, nati dalla penna di Lemony Snicket (pseudonimo di Daniel Handler), interpretato per l'occasione dal corpulento Patrick Warburton. Quest'ultimo, rompendo la quarta parete e guardando lo spettatore dritto negli occhi come Frank Underwood di House of cards, dialoga con la platea rendendo emotivamente partecipi della storia tutti i membri, i quali, direttamente coinvolti nei fatti, si sentono responsabili di ciò che accade in scena. Lemony Snicket ci avverte e ci ammonisce continuamente di smettere di assistere alle miserie che affliggono i Baudelaire, che non incontreremo altro che sofferenza, morti drammatiche, curiosi incidenti e qualsiasi altra calamità immaginabile da mente umana. Inutile dire che lo stoico spettatore ignora bellamente queste avvertenze e procede nella tormentosa visione.

È con un misto di piacere morboso che accogliamo la comparsa in scena degli sventurati, iellati e sfortunati Violet (Malina Weissman), Klaus (Louis Hynes) e Sunny (Presley Smith) Baudelaire i quali, in seguito alla morte dei genitori durante un misterioso incendio vengono affidati, tramite la mediazione del signor Poe (K: Todd Freeman), al loro parente più prossimo, nonché tutore legale, il conte Olaf (Niel Patrick Harris; noto ai più per il ruolo di Barney Stinson nella sit-com How I met your mother). Le intenzioni di quest'ultimo si rivelano ben presto tutt'altro che caritatevoli e le sue capacità tutoriali mostrano tutti i loro limiti quando i bambini sono costretti a lavare i sanitari di un bagno, che definire lurido è riduttivo, con uno spazzolino da denti. Il conte non desidera altro che accaparrarsi l'immensa fortuna dei Baudelaire e vivere nel lusso ma tra questo malvagio desiderio e il tesoro di famiglia si frappongono le vite dei ragazzi, cavilli legali e l'infinita selva di familiari a cui i Baudelaire vengono affidati nel corso della storiaDopo il comprovato fiasco di Olaf gli orfani vengono affidati al dottor Montgomery Montgomery (no, non è un refuso si chiama proprio cosi), erpetologo inviso alla società scientifica di erpetologia, il quale assume un nuovo assistente di nome Stephano; un bizzarro individuo dietro cui, manco a dirlo, si cela il conte Olaf. Superfluo soffermarsi sul successivo sviluppo degli eventi che costringe il diligente signor Poe a scarrozzare i giovani Baudelaire al Lago Lacrimoso dove li attende zia Josephine, un tempo amica fraterna dei loro genitori. È solo una delle tante tappe che gli sfortunati ragazzi dovranno affrontare nel perenne tentativo di sfuggire agli scaltri sotterfugi di OlafPer citare un moto caro ad un noto investigatore: la caccia è aperta. 

Una serie di fortunati eventi è scenograficamente esagerato, colorato, sgargiante, surrealista, magnifico, stroppiante. Un carosello di personaggi meschini, tristemente creduloni (giudice Strausszio Monty, il signor Poe) e fuori da qualsiasi registro tradizionale, privi di cliché. La narrazione è attraversata da soluzioni cinematografiche cartoonesche che sembrano essere il frutto di una collaborazione tra Tim Burton (Alice in Wonderland) Wes Anderson (Grand Budapest Hoteltanto appaiono fantasiose e irrealistiche. Suscita un piacere visivo rilassante accedere a luoghi magici, inesistenti, tirati per i capelli, eccessivi. Saltare dalla scura soffitta della casa del conte Olaf alla esotica Stanza delle Serpi, dal pericoloso Lago Lacrimoso alla tumultuosa segheria Cioccofortunato. Un viaggio inaspettato che si conclude dopo 8 puntate che, narrativamente, coprono i primi quattro libri dell'intera saga, edita in Italia da Salani: Un infausto inizio, La stanza delle serpi, La funesta finestra, La sinistra segheria. 

Ciò che spinge a guardare questa questo comic drama dalle atmosfere vagamente gotiche non è tanto il desiderio o l'interesse, come accade in un giallo tradizionale o in un thriller, di scoprire chi sia l'assassino o il colpevole perché è evidente che l'antagonista sarà sempre e comunque il conte Olaf; ciò che stuzzica lo spettatore, l'elemento che lo trascina in questo maledetto turbinio avventuroso é l'attesa del suo prossimo travestimento, la morbosa curiosità nello scoprire come il tutore di turno (perché è evidente) verrà eliminato e un desiderio insopprimibile di vedere finalmente cessare le sofferenze e i vagabondaggi dei tre fratelli. Di vederli riabbracciare i genitori dispersi chissà dove e naturalmente, sottotrama parallela ma ineludibile, svelare il significato dello strano e ricorrente simbolo a forma di occhio che accompagna gli sfortunati eventi e che lega, per mezzo di un filo invisibile, tutti i personaggi alla famiglia Baudelaire, conte Olaf incluso. Il tutto condito da un costante, crescente e onnipresente fastidio verso l'ottusità regale del signor Poe che con la sua indole idiota rappresenta una perenne condanna per i Baudelaire. 

Nel complesso buona la prova del cast allestito per l'occasione, capitanato da Neil Patrick Harris che, benchè ottimo per mimica espressiva e modulazione della voce, non riesce a eguagliare l'amata interpretazione di Jim Carrey, attore trasformista a cui il ruolo del malvagio conte sembrava cucito addosso L'attore canadese infatti, nella complessiva mediocrità del  film del 2004, sfoderò una prestazione magnifica. Lo spirito dell'intera storia ricalca con rigore l'intreccio dei numerosi volumi che compongono la saga, anche perché Handler, oltre ad apparire in un cameo, è stato supervisore e produttore esecutivo della serie. I più incalliti fan dei libri possono dormire sonni tranquilli, accendere la tv o il computer a seconda dei gusti e, chi col bingewatching e chi centellinando la visione come un buon vino, godersi la produzione Netflix. Nell'attesa annuale, che ormai rappresenta una dolce condanna per  i consumatori ossessivi di serie televisive, di riprendere a gustare con orrore gli sfortunati eventi dei fratelli Baudelaire.

Look away, look away, look away, look away ~

Voto complessivo: 8/10
Trama: 8/10
Musiche: 6/10
Personaggi: 9/10
Regia: 8/10

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