domenica 5 novembre 2017

Un viaggio zoppo tra i misteri d'Italia

La copertina del romanzo
Loredana Lipperini, voce e anima del programma Fahrenheit in onda dal lunedì al venerdì su Radio Tre, è una delle figure più interessanti del panorama culturale editoriale del Belpaese. Il suo blog Lipperatura, nato nell'ormai lontano 2004, quando il blogging in Italia era un'attività pionieristica, è frequentatissimo e altrettanto vivace è anche il profilo Facebook dell'autrice che meritoriamente si batte per tenere alta l'attenzione mediatica sulle zone terremotate delle Marche e non solo. Spulciando tra le decine di post sul sito ci si imbatte in un gruppetto di interventi che si legano a doppio, anzi triplo filo, con il libro edito da Bompiani, L'arrivo di Saturno è ultima fatica letteraria che viene dopo i recenti Questo trenino a molla che si chiama il cuore (Contromano, 2014) e Schiavi di un dio minore (Utet, 2015). La penna di Lipperini si trasferisce stavolta su uno dei terreni più scivolosi che la letteratura italiana mette a disposizione e cioè il racconto degli anni di piombo che può esporre l'autore ad uno spiacevole scivolamento verso la retorica. Di retorica nel libro ce n'è ben poca, per fortuna, ma l'intenzione nobilissima e meritevole  di rendere omaggio e di onorare la memoria di due giornalisti dimenticati attraverso il romanzo finisce per disperdersi all'interno di un libro di più 400 pagine. Guai tuttavia a buttare il bambino con l'acqua sporca e sarebbe ingiusto e scorretto bocciare il titolo senza appello. Indubbiamente lo stile e la cura nella scelta delle parole e del lessico, nella costruzione della frase e di alcuni passaggi narrativi rivelano una sensibilità intellettuale e narrativa di primo livello a cui fa purtroppo da contraltare una struttura narrativa un po' confusionaria che obbliga il lettore ad uno sforzo suppletivo per capire quale personaggio appartenga a quale storia. 
Graziella De Palo e il collega Italo Toni.

L'arrivo di Saturno è un romanzo corale composto da tre storie che si intrecciano sovrapponendo epoche, personaggi, pensieri, suggestioni, leggende. Andiamo con ordine: la protagonista della "prima storia" si chiama Dora, una sofferente alter ego della scrittrice stessa; della sua vita personale e della sua carriera sappiamo pochissimo se non che bazzica da sempre il mondo della cultura e del teatro. La parabola di Dora è raccontata in funzione di Graziella, l'amica dell'infanzia, colei con cui ha stretto un rapporto di amicizia e complicità apparentemente indissolubili e al contempo il suo metro di paragone, la ragazza con cui per anni ha dovuto confrontarsi uscendo spesso perdente dalle sfide che la vita imponeva loro. Graziella era quella brava, intelligente, briosa, sveglia, bellissima e Dora la spalla, quella che vive all'ombra. Ormai sessantenne Dora, dopo aver visto un Vermeer e come colpita da un colpo di fulmine, ripesca dalla memoria l'immagine sbiadita dell'amica morta e rivive i momenti e gli attimi essenziali che hanno scandito il loro rapporto: il primo bacio con un ragazzo, la prima sbronza insieme, il giornale autoprodotto, il Partito Radicale, il giornalismo d'inchiesta, Bologna agosto 1980. Ed è qui che si innesta la "seconda storia" che assume i contorni della Storia Nera e che sancisce un cambio di registro sia stilistico che narrativo. Al dolente racconto di Dora si sostituisce la narrazione cruda e giornalistica della scomparsa in Libano di Graziella De Palo, freelance per Paese Sera, a cui segue un periodo di silenzi costruiti ad arte e diversi tentativi di depistaggio a cui partecipano a vario titolo servizi segreti deviati, ambasciatori bugiardi, logge massoniche, gruppi di lotta armata. Graziella si era avventurata in una terra inesplorata e pericolosa che partendo dalla strage di Bologna la stava conducendo al disvelamento di alcuni dei più grandi misteri d'Italia: un intrico di interessi che l'avevano infine portata alla morte. La "terza storia" nasce dal desiderio di Dora di dare sfogo al proprio impulso letterario, alla volontà di creazione artistica che da sempre la accompagna. Questo romanzo nel romanzo narra la vicenda di Han Van Meegeren, un famoso pittore passato alla storia per aver turlupinato i nazisti vendendogli un "falso Vermeer" da lui stesso dipinto. La sua abilità viene notata da un misterioso uomo di nome Acca che, in cambio di un ricchissimo compenso, lo convince ad attraversare mezza Europa per giungere in un paesino sperduto nella Marche. Qui Acca commissiona un grandissimo dipinto, un Giudizio Universale che celebri la grandezza della Morte e che rispetti un criterio fondamentale: essere un puro e semplice Vermeer.
Loredana Lipperini.

Il romanzo rappresenta anche una riflessione sul Vero e sul Falso, due concetti segnati da confini estremamente labili e sottili. Prendiamo Graziella che da buona giornalista convinta delle propria missione e che la propria giovinezza sia un'assicurazione contro la morte persegue con coraggio quella che dovrebbe essere la meta finale di qualsiasi buon cronista: la Verità. Ma quando questa Verità incrocia la strada di interessi ben più grandi e di apparati di Stato deviati, essa è destinata a soffocare come è soffocata Graziella. Oltre al danno si aggiunge la beffa che si consuma, come nei migliori polizieschi, sotto forma di insabbiamento. Buttare sotto il tappeto, nascondere informazioni, documenti, indicazioni, testimoni, vite affinchè tutto fosse celato e taciuto. Si giunge così al paradosso della manipolazione e dell'orientamento informativo che si sostanzia nella costruzione di una solida bugia che, detta e ridetta, ribadita sui canali mediatici, accettata e suffragata dalla disciplina e dalla letteratura storica si fa verità. Da una Verità cercata si arriva ad una Verità costruita che cela abilmente la menzogna. Abracadabra. E in fondo, ci dice tra le righe l'autrice, cos'è la letteratura, cos'è la pittura, cos'è l'arte in generale se non finzione, costruzione del falso finalizzata all'inganno del lettore o dello spettatore?


L'arrivo di Saturno
Loredana Lipperini
Bompiani, pp. 432, 2017
19,00




















mercoledì 1 novembre 2017

Operazione Antropoide

La copertina del libro.
Le prime battute di HHhH (Himmlers Hirn heisst Heydrich - Il cervello di Himmler si chiama Heydrich) sono fulminanti nella loro chiarezza e nella loro capacità di chiarire con precisione il tormentoso lavoro di cui Binet si è fatto carico:


"Gabcik - cosi si chiama - è un personaggio che è realmente esistito. [...] Da tempo lo vedo, sdraiato in quella stanzetta, con le imposte chiuse, la finestra aperta, intento ad ascoltare lo stridio del tram che si ferma davanti all'Orto botanico (in che direzione? Non lo so). Ma se metto per iscritto quell'immagine, come sto surrettiziamente facendo, non sono certo di rendergli omaggio"

Laurent Binet con l'incipit vuole subito evidenziare la natura storiografica e la perizia scientifica dell'opera, che gli ha permesso di vincere il prestigioso Prix Goncourt du premier roman nel 2010, sancendo un ideale patto di lettura con i propri lettori. Un tacito accordo che assume la forma di un grido con cui l'autore, sensibile a che la sua operazione di ricostruzione storica non venga confusa per un inaspettato talento da romanziere, ammonisce il lettore di prestare attenzione a un dato non secondario: quello che scriverò, pur secondo le forme del romanzo anziché del saggio storico, è reale. L'incipit del libro non è dunque solo la porta d'ingresso nel libro ma rappresenta una riflessione non secondaria intorno alla tesi di Milan Kundera secondo cui attribuire un nome, un identificativo ad un personaggio costituisca un atto di volgarità narrativa e intorno al gravoso compito che spetta al romanziere storico che si ritrova a ridurre "un uomo a volgare personaggio, e i suoi atti a letteratura: infamante alchimia, ma che farci?" per usare la parole di Binet. Questo è il tormento dell'autore: raccontare la vita e le aberranti "opere" del "boia di Praga" da un punto di vista storicistico ma attraverso i canoni della letteratura romanzesca. Trovare un punto di incontro tra due materie, la finzione e la Storia, che non possono andare a braccetto.



Reinhard T. E. Heydrich.
La giovinezza del biondissimo Reinhardt Heydrich, nato a Halle nel 1904, non presenta gli stigmi del predestinato; la fredda brutalità che contraddistinguerà la sua scalata nelle gerarchie naziste, rivelando un arrivismo fuori dal comune, lascia il posto nei primi anni ad un velo di timidezza e reticenza alimentato dalle accuse di avere nelle vene sangue ebraico. Una diceria che gli creerà non pochi problemi anche all'interno del partito. Lungi dall'individuare un rapporto di causa-effetto tra il bullismo scolastico e l'inclinazione demoniaca di Heydrich, Binet percorre la storia della Germania e dell'Europa attraverso le azioni del giovane militare tedesco che, coinvolto in un poco edificante scandalo sessuale, è costretto a lasciare la Marina per approdare nelle SS. Gli inizi del cadetto fallito all'interno della nomenclatura nazista non sono particolarmente esaltanti o degni di nota ma il momento di svolta, quel particolare attimo in cui la vita di milioni di persone è drasticamente cambiata, si consuma con l'incontro con Himmler, capo delle Schutzstaffel, del quale Heydrich diverrà ben presto il braccio destro. L'indole votata alla disciplina e l'attitudine al comando del giovane Heydrich rappresentano capacità straordinarie agli occhi del Fuhrer che ne facilita l'ascesa nel partito portandolo in palmo di mano. Non è un caso che sia proprio il giovane rampante ad essere scelto per ricoprire il ruolo di Reichsprotektor a Praga, cuore dell'Europa, città delle cento torri annessa dal Reich tedesco insieme a tutto il resto della Cechia. La sua naturale brutalità e le sue indubbie capacità politico-strategiche si rivelano ben preso armi vincenti per affievolire i moti della Resistenza, portare ordine nella capitale boema e asservire l'industria ceca (non ultima la famosa Skoda) allo sforzo bellico dei tedeschi, nel frattempo impegnati sul fronte russo nell'Operazione Barbarossa. Praga, la cui capitolazione attribuisce un prestigio monarchico a Heydrich, si rivela, già nell'anno successivo al suo arrivo, una trappola mortale grazie al coraggio di due eroici resistenti, Jan Kubis e Josef Gabcik, paracadutisti inviati da Londra per assassinare una delle teste  pensanti più preziose del cane nazista. In breve i protagonisti dell'evento passato alla storia come Operazione Antropoide


"Più che il piacere di rivelare uno scoop, credo che Heydrich assapori quello di verbalizzare l'inaudito e l'impensabile, come per dare già un po' di concretezza all'inimmaginabile verità. Ecco cosa ho da dirvi, lo sapete già, ma sta a me dirvelo, e sta a noi farlo. Vertigine dell'oratore che deve parlare dell'innominabile. Ebbrezza del mostro nell'evocare mostruosità che si annunciano e di cui è l'araldo"


Laurent Binet
L'infraromanzo (definizione dell'autore stesso) del professore francese non si esaurisce nel rendicontare con la necessaria pedanteria del saggio storico la carriera del "boia di Praga" e la relativa uccisione per mano di un manipolo di arditi cecoslovacchi. HHhH si dipana come riflessione possibile sulla Storia, intesa quale somma di storie più piccole, di percorsi casuali destinati a intrecciarsi, di momenti persi e di momenti guadagnati, di colpi di fortuna e di istanti di iella imprevedibili. Ma la Storia non è solo Antropoide, Hitler, Himmler o Heydric. La Storia è fatta soprattutto da migliaia, se non milioni, di Jan Kubis, Josef Gabcik, Josef Valcik, Paul Thummel che per i più disparati motivi la Storia stessa ha dimenticato. Eserciti di fantasmi composti da basisti, fiancheggiatori, partigiani, resistenti, semplici aiutanti e infiltrati che avvelenano il sonno di Binet il quale non riesce a darsi pace tormentandosi di fronte alla propria impotenza di ricordare e rendere omaggio a tutti quegli eroi senza volto e senza nome, maledicendo la limitatezza che l'approccio storicistico di cui fa punto d'orgoglio gli impone. HHhH  è un libro sui generis, che si colloca nel campo dell'indefinitezza di genere: è un romanzo e un saggio storico; ma al contempo non è né il primo né il secondo lasciando presagire che Binet abbia condotto studi di alchimia narrativa da qualche parte nella sua amata Francia, oppure nell'adorata Praga dove tutto inizia e tutto finisce.

Laurent Binet

HHhH
Einaudi, pp. 342, 2011
20,00