martedì 21 febbraio 2017

Le vittime collaterali del terrorismo

La copertina del volume edito da Fandango.
Dopo un attentato l'attenzione mediatica di web, giornalitelegiornali e social media si focalizza sulla costruzione dell'identikit dell'attentatore.  Il lettorel'ascoltatore e il semplice internauta pretendono che la personale e morbosa curiosità sia soddisfatta: chi è? Da dove viene? A quale movimento appartiene? Quante persone sono morte? Quanti feriti? C'è tuttavia sempre una domanda che rimane inevasa e sommersa perché affossata dalla necessita di crocifiggere e condannare senza mezzi termini e l'atto e colui che l'ha compiuto. Questa domanda sottaciuta è: chi si è lasciato dietro quella persona? Esistono delle vittime collaterali che non rientrino nell'ovvio cerchio dei parenti delle vere vittime, dei morti lasciati per strada? Si, esistono e molto spesso trovarle, o anche solo interessarsi a loro, è difficile perché si impone il cordoglio dell'immediato che per sua natura è emotivo, viscerale e pertanto superficiale. Le prime vittime sono spesso i famigliari del terrorista e dell'assassino; madri, padri, nonni, fratelli, zii, cugini e sorelle che hanno assistito alla dissoluzione sistematica di un loro stretto parente le cui colpe diventano bagaglio di dolore ineludibile per la famiglia stessa. Onta vergognosa e incancellabile. È di questi fatti laterali che s interessa l'autore Nicola Ravera Rafele, romano, classe 1979, che per Fandango ha pubblicato questo libro, inserito da illibraio.it nella lista dei possibili candidati al prossimo premio Strega. Chi vivrà vedrà, suggerisce il motto, e conclusa la lettura ci si convince che la valutazione potrebbe non essere poi così campata per aria.

Il protagonista dell'intera storia, la vittima collaterale del terrorismo rosso degli anni '70 e '80, è un giovane collaboratore del Corriere della Sera che risponde al nome di Tommaso Musso. Quest'ultimo cognome pesante perché comunemente associato a quello del ben più celebre padre Michele Musso, personaggio intelligente, brillante, astuto, furbo, dotato della giusta dialettica per fare carriera e farsi apprezzare negli ambienti dell'estremismo rosso. Per Tommaso un'ombra del passato, di scarso se non nullo interesse che furbescamente diventa arma narrativa per affascinare amici, compagni di classe, conoscenti e naturalmente ragazze. L'irresistibile fascino del figlio del terrore. Salvo non sapere praticamente nulla né del padre né della madre, anch'essa sodale guerrigliera, se non che entrambi sono morti durante un attacco. Quanto basta perché la vita di Tommaso, cresciuto dalla coppia di zii borghesi, scorra nei binari di una quieta routine almeno finché, sfruttando appieno la medias res, l'autore non fa stramazzare Tommaso sulla terra battuta del parco dove è solito correre di prima mattina. Un problema cardiaco che lo costringe ad un breve ricovero in una vicina clinica dove, per volontà ironica del fato, incontra il dottor Radaelli che non può esimersi, leggendo il cognome, dal fare riferimento al suo fortuito incontro con i genitori di Tommaso. A Grenoble, nel 1984. Le date non tornano; se i suoi genitori sono morti nel 1983, come gli è sempre stato raccontato, come è possibile che un anno dopo si trovassero a GrenoblePer Tommaso le informazioni e il racconto da crime story del dottore rappresentano una doccia fredda, simboleggiano il momento del passaggio dall'immaturità dell'ignoranza alla maturità della consapevolezza; quest'ultima spesso infida perché è il sentiero più veloce verso la sofferenza. Dopo una vita passata ad evitare consciamente il confronto con il passato Tommaso sente la necessità impellente di sapere, apprendere e conoscere decidendo di percorrere una strada che si rivelerà più tortuosa e infida del previsto e che, a causa dello spaventevole passato della sua famiglia, mieterà vittime incrinando rapporti umani, familiari e amorosi. 

"Non trovo le parole per dirlo, ma quello che sento è: quei modi, quell'uomo, è qualcosa che ho dentro, che ho dentro e che ho rifiutato. Per istinto? O è stata Diana? Come ha reagito lei, mentre crescevo, a una qualunque manifestazione di affinità con l'istinto distruttivo di mio padre?"

Aldo Moro, leader della DC, fotografato durante il sequestro.
La storia di Tommaso é una storia di maturità che passa attraverso il confronto con il proprio passato, un passato che per quieto vivere, quindi per paura e timore dello schiaffo del reale, ha preferito seppellire dietro di se ma che, come i resti di un cadavere, é sopravvissuto nella memoria incancellabile di altri soggetti. Sono loro che, attraverso le loro esperienze, in un primo momento del romanzo accompagnano Tommaso, in veste di Virgilio del terrorismo e delle lotte armate, nel viaggio orientato alla ricostruzione della propria esistenza, del proprio Io più vero e profondo. L'autore non ha fatto altro che proporre un romanzo di formazione non cadendo nell'errore che avrebbe pregiudicato l'intera storia e cioè la piattezza e la non-evoluzione del personaggio. Tommaso infatti è un personaggio a tutto tondo che evolve nel corso della narrazione trasformandosi, come fosse un bruco che diventa farfalla, da immaturo conservatore a coraggioso avventuriero in grado di prendere in mano le redini della propria vita e affrontarla. Sbagliando, inciampando ma crescendo. Da bravo giornalista inizia a scavare nella vita passata dei suoi genitori, come un chirurgo apre il ventre della Storia italiana e si immerge nelle vicende delle BR, del Superclan, degli scontri di piazza, delle spedizioni punitive, dei sequestri, dei ricatti e delle bombe. Appura la relazione tra suo padre e Giangiacomo Feltrinelli; scopre la indole temeraria e guerrigliera del padre, ascolta attento e prendendo appunti ciò che vecchi amici o colleghi di suo padre gli narrano; si reca fisicamente suoi luoghi attraversati dalla presenza di Alice e Michele; un uomo e una donna che sembrano sempre più distanti, personaggi estranei ma terribilmente importanti dei quali Tommaso sta studiando vita, morte e miracoli. Come il migliore degli investigatori Tommaso segue le tracce, sente i testimoni, fruga negli archivi di giornali e vola con l'immaginazione venendo lentamente inghiottito in un gorgo di insonnia, inquietudine, frenesia e disperazione. Come in un gioco a perdere, il disvelamento del passato richiede un alto tributo di sangue. Nel volgere di brevissimo tempo Tommaso perde la possibilità di un rinnovo di contratto, rompe con la fidanzata e soprattutto distrugge il delicatissimo equilibrio famigliare che i suoi zii adottivi erano riusciti a costruire decidendo anch'essi, di comune accordo, di seppellire un passato troppo doloroso per tutti. È infatti Diana, la zia psicanalista, colei che ho ha allevato come fosse suo figlio, che entra in crisi rivivendo nella sua mente le tribolazioni del passato, facendo i conti con le menzogne che, per il bene del bambino, aveva sempre sostenuto e propugnato come fossero la verità. Grazie anche al suo tragico contributo il puzzle della vita di Tommaso e dei suoi genitori prende lentamente corpo fino a portarlo, nella seconda parte del romanzo, a Parigi prima e nella vinicola provincia francese poi in un susseguirsi crescente e sempre più intenso di salti temporali e leggeri sbalzi narrativi che travolgono il lettore fino all'ultima  pagina. 

Nicola Ravera Rafele.
Il senso della lotta è un romanzo attraversato da una vena storica che, attraverso le vite dannate dei genitori di Tommaso, prova a ritornare al lettore lo specchio di una società politicamente e socialmente conflittuale dove non esistevano limiti ultimi di fronte ai quali fermarsi per promuovere le proprie battaglie ideologiche. Una società in subbuglio dove il crinale tra opportunismo politico e cieca fiducia nelle proprie idee era la cifra caratteristica di movimenti studenteschi e antipolitici che, la Storia ha dimostrato, non sono poi riusciti a produrre quella rivoluzione tanto desiderata. La lotta persa da una generazione ma, forse, vinta dalla caparbietà e dall'accettazione della sofferenza da Tommaso Musso che, proprio nella ricerca della verità, ha trovato il suo senso. Rafele costruisce in modo abile l'intero romanzo alternando piani spazio-temporali diversi che però non confondono il lettore, al contrario lo accompagnano tenendo alta la tensione narrativa. L'autore usa inoltre uno stile paratattico e incisivo che però, in alcuni passaggi comunque molto rari, lascia trapelare un'eccessiva teatralità dal gusto manierista. Rafele è molto bravo a costruire i rapporti tra i personaggi, farne emergere incongruenze, debolezze e contraddizioni dimostrando di saper maneggiare le vite narrative dei suoi "cuori d'inchiostro" estrapolandone l'anima e la gelosa intimità arricchendo il tutto con una prosa limpida, lineare ed emotivamente evocativa. 

Il senso della lotta
Nicola Ravera Rafele
Fandango libri, pp. 438, 2017
18,50

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