sabato 24 dicembre 2016

La vera storia del fratello di Walt Disney

Dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna, si dice. Tuttavia non sempre questo motto è vero. In questa Storia, con la S maiuscola, dietro un grande uomo si cela un grande fratello, sconosciuto ai più ma pedina imprescindibile nella costruzione del successo di una delle personalità più geniali, imprevedibili, testarde e indipendenti del mondo dell’intrattenimento: Walter Elias Disney, in arte Walt Disney.



Disegnato da Lorenzo Magalotti, sceneggiato da Filippo Zambello e Alessio De Santa con le tavole scenografiche di Giulia Priori e Lavinia Pressato, The Moneyman. La vera storia del fratello di Walt Disney è una delle ultime fatiche della casa editrice laziale Tunuè, specializzata nei graphic novel. La scelta del soggetto è curiosa, infatti quanti sapevano che il papà di Mickey Mouse avesse anche un fratello? Praticamente nessuno poiché la sua figura, al contrario del fratello “ingombrante”, è stata tutt’altro che istrionica. Gli autori di questo elegante volume dalla copertina gialla strappano dal buio dell'anonimato Roy Oliver Disney e ne ripercorrono la vita travagliata, tra alti e bassi, difficoltà e trionfi. Dalla povertà della vita di campagna al primo lavoro in banca, dal coinvolgimento nella Prima Guerra Mondiale al successo a Hollywood. Roy, figura silenziosa, è stato testimone e costruttore di un’epoca senza precedenti, di un Impero dei Sogni capace di far volare con la fantasia milioni di persone, giovani, anziane e adulte.


La struttura narrativa scelta è quella della cornice, espediente usato per esempio nel film Forrest Gump dove Tom Hanks, seduto su una panchina, racconta la storia della sua vita agli occasionali interlocutori. In questo caso Roy si trova ad Orlando per inaugurare nel 1971 Disneyworld, l’ultimo progetto di Walt. Nella hall dell’albergo, mentre aspetta che la camera sia libera, incontra una signora che lo sprona a raccontarsi. Inizia così un lungo flashback che ci permette di ripercorrere l’intera carriera dei Disney. Sebbene il racconto si focalizzi, o tenti almeno, su Roy, il protagonista indiscusso è Walt Disney; la storia personale del fratello appare come un pretesto per raccontare quella di Walt. Come tutti i geni della modernità anche la carriera di Walt ha origine nel garage della casa paterna a Marceline (Missouri); qui, con tenacia, spirito di inventiva e poca testa sulle spalle inizia la sua carriera di disegnatore di cartoni animati che si avvia nel 1922 con la fondazione della Laugh-O-Gram Studio in cui coinvolge Ub Iwerks, il primo padre figurativo (escluso Walt ovviamente) di Mickey Mouse che apparirà solo qualche anno dopo. Nel 1925, su suggerimento del Grillo Parlante Roy, lo studio cambia il nome in Walt Disney Studio; è la nascita di un marchio, di un brand immortale che oggi fattura miliardi ogni anno.



Il percorso non è stato tutto rose e fiori come si potrebbe pensare ma il cammino di Walt e Roy ha conosciuto numerosi inciampi tra cui le due guerre e soprattutto il forte indebitamento nei confronti della Bank of America con cui i Disney arrivarono ad essere esposti per quasi 5 milioni di dollari. Ed è in questi frangenti di estrema delicatezza, dove l’irragionevolezza di Walt avrebbe trascinato l’impresa nella polvere, che Roy prende in mano le redini del gioco. Parla e si confronta con investitori e banchieri, media, discute, propone, ascolta e parla attraversando un mondo lucente che spazia da Charlie Chaplin al miliardario Howard Hughes. Convince Walt a trasformare l’azienda in una S.P.A. e, nel momento del bisogno, a tagliare il personale, scelta sofferta fino allo stremo da entrambi. Roy è il lume della ragione, il raziocinio che deve combattere giorno per giorno con la follia di genio del fratello la quale, nel momento più buio quando cioè la Universal gli sottrae personale specializzato e diritti su Oswald il coniglio fortunato, risulta essere l’àncora di salvataggio. Infatti, chicca poco conosciuta, è sul treno di ritorno da New York che Walt Disney inventa Mortimer Mouse che diventa Mickey grazie alla forza di persuasione della moglie che trovava Mortimer un nome fuori contesto. Da lì è un crescendo di successi. Mickey Mouse diventa un’icona dopo la sua prima apparizione nel cortometraggio animato Steamboat Willie, rivoluzionario nella tecnica poiché Disney azzardò la sovrapposizione tra sonoro e video e vinse la scommessa. A cui seguono diversi altri progetti tra cui le Silly Symphonies che riscuotono approvazione da parte del pubblico, almeno fino al crac del giovedì nero di Wall Street quando l’America viene messa in ginocchio dalla crisi finanziaria. Ma è proprio qui che, forse, nasce veramente il successo di Walt Disney; in un paese con tassi di disoccupazione alle stelle e un’economia distrutta Walt fu in grado di regalare agli spettatori un sorriso, un sogno, un’oasi felice, seppur di breve durata, in cui dimenticare i problemi e le miserie della vita. Ha costruito una speranza grazie a Mickey Mouse e ai Tre Porcellini. Ma Walt non si accontenta e continua a sperimentare decidendo di mettere in produzione qualcosa di inverosimile, economicamente insostenibile: un lungometraggio animato a colori. Anche in questo caso Roy cerca di limitare l’estrosità del fratello sottolineando la situazione precaria delle finanze aziendali ma Walt, testardo come un mulo procede a testa bassa, e nel 1937 esce nelle sale Biancaneve e i sette nani. Successo in technicolor pari se non superiore ai corti di Mickey Mouse & Co., tanto da aggiudicarsi diversi premi, ma che fu comunque insufficiente per rientrare dall’investimento iniziale. Nonostante ciò, con quel lavoro, Walt Disney aveva cambiato la storia dell’animazione per sempre. La storia della coppia di fratelli procede tra inciampi bellici, documentarismo, progetti falliti e riusciti che pongono le fondamenta della attuale Disney.

Il volume di Tunuè è un doppio omaggio a ognuno dei fratelli e un ritratto antropologico di Walt. Con Roy scopriamo la virtù dell’umiltà; la capacità di stare dietro le quinte e fronteggiare le bizzarrie del fratello nel tentativo di “mandare avanti la baracca”. Dall’altro lato entriamo a contatto con la personalità di Walt Disney, con il suo carattere ambivalente che alterna momenti di rabbia e frustrazione che cerca di placare con decine di sigarette, a momenti di tenerezza fraterna. Senza dimenticare la sua inventiva, la facoltà propria dei geni di “vedere” oltre, di non accontentarsi e di rischiare qualora la condizione lo permetta e lo richieda. Chi avrebbe scommesso, non una carriera, ma un’azienda intera su un topo antropomorfo in pantaloncini corti che fischietta? Chi, potendo non rischiare, avrebbe investito in tecniche innovative mai sperimentate come il technicolor? E chi avrebbe investito milioni di dollari nella costruzione di parchi a tema senza disporre di ricerche di mercato ma affidandosi solamente al proprio estro e soprattutto ai propri desideri? Pochi, forse nessuno. Solo Walt Disney, il visionario, grazie all’appoggio del suo moneyman di fiducia, Roy.

"Ci ha illusi tutti...di poter restare per sempre ragazzi".

The moneyman. La vera storia di Walt Disney
Filippo Zambello, Lorenzo Magalotti
Tunuè, pp. 173, 2016
16,90


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